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La decisione di Stellantis di chiudere temporaneamente lo stabilimento di Cassino fino a maggio è un campanello d’allarme per l’intero settore automobilistico italiano. Questa fermata, prevista dal 18 aprile al 5 maggio, coincide con un periodo di festività, ma non possiamo ignorare il contesto critico in cui si inserisce.
Con un crollo della produzione del 35,5% nel primo trimestre del 2024, scendendo a soli 109.900 veicoli, la situazione è diventata insostenibile. Le cifre parlano chiaro: solo 60.533 auto prodotte, che corrispondono a una rilasciata del 42,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nonostante gli sforzi messi in atto per risolvere le sorti dello stabilimento, i dati sono allarmanti e senza precedenti nella storia di Cassino.
In aggiunta alla chiusura di Cassino, ci sono problemi anche per gli stabilimenti di Melfi e Atessa. A Melfi, dove si produce il modello Jeep, si prevedono fermi di qualche giorno. Atessa, nota per la produzione di veicoli commerciali, affronta una situazione critica con il prolungamento della cassa integrazione, che evidenzia ulteriormente le difficoltà economiche e produttive del gruppo.

Questa crisi non è solo un problema per Stellantis, ma rappresenta un rischio concreto per l’occupazione e l’economia locale, oltre a mettere in discussione la competitività dell’industria automobilistica italiana in un mercato globale sempre più sfidante. L’assenza di una rapida risposta a questi segnali potrebbe portare a conseguenze devastanti non solo per i lavoratori, ma anche per l’intero ecosistema industriale che ruota attorno alla produzione automobilistica nel nostro paese.
In questo clima di incertezza, è fondamentale che le istituzioni e l’azienda collaborino per trovare soluzioni efficaci che possano garantire la salvaguardia dei posti di lavoro e il rilancio della produzione. La sfida è grande, ma la determinazione a invertire questa traiettoria deve essere altrettanto forte.