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Per fortuna, dovevano essere alleati. Tuttavia, tra Lega e Forza Italia ci sono forti attriti, paragonabili a quelli che si verificavano tra Grillo e Conte alla vigilia della nascita del Movimento 5S. Ieri si è verificato uno scambio di replica sul tema dell’autonomia, con Forza Italia che ha convocato una riunione dell’osservatorio riguardante l’applicazione della riforma recentemente ostacolata dalla Corte costituzionale (un modo per affermare «noi l’abbiamo sempre detto che non ci convinceva»), e anche sul canone Rai.
A controbattere alle affermazioni degli azzurri sono stati Massimiliano Romeo e Luca Toccalini, i due candidati alla segreteria della Lega Lombarda, il cui congresso è stato annunciato da Salvini per il 15 dicembre. Il primo ha chiesto perché Fi abbia cambiato opinione sull’autonomia, mentre il secondo ha ribadito che la Lega non intende retrocedere riguardo al taglio del canone.
Salvini ha mostrato un timido sorriso e, dopo aver difeso il suo ministro («Calderoli ha realizzato in due anni ciò che non è stato fatto in 30»), ha finto che tutto andasse bene: «Sono di natura ottimista», ha dichiarato a margine degli stati generali della sanità della Lega a Milano. Un evento convocato dopo il consiglio federale di qualche giorno fa, dove la tensione all’interno della Lega ha raggiunto picchi preoccupanti. È stata un’occasione per dimostrare che all’interno della Lega ci sia unità, senza conflitti o divisioni, in un momento in cui il movimento, ex padano, non appare così compatto.
La Lega tenta di nascondere i suoi problemi, che sarebbero troppi da elencare, comprese le perdite di consenso, il malcontento dei nordisti sulla questione settentrionale trascurata, il terzo mandato per Luca Zaia e il prossimo candidato per le regionali in Veneto, il congresso della Lega Lombarda e il processo Open Arms, giusto per citarne alcuni.
All’orizzonte c’è un congresso federale, convocato per un tempo imprecisato (gli ultimi rumors parlano di febbraio 2025, ma senza una convocazione ufficiale rimane tutto incerto), dove secondo alcuni Salvini potrebbe affrontare rischi simili a quelli di un automobilista ubriaco, sotto effetto di droghe e col cellulare in mano, dopo l’approvazione del nuovo codice della strada. Tuttavia, anche per mancanza di alternative, la scadenza congressuale si preannuncia più come un rito che confermerà il Capitano al comando del movimento.
Prima c’è la «grana» Open Arms: «Da imputato devo concentrarmi sul mio processo», ha risposto ieri ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulla decisione della corte penale internazionale di incriminare Netanyahu e Gallant per crimini di guerra. Ancora prima, il congresso della Lega Lombarda e il caso Veneto. «Sto lavorando per arrivare a un congresso unitario», ha dichiarato Salvini. Al momento ci sono due candidati: Luca Toccalini e Massimiliano Romeo. Il leader dei giovani padani ha confermato ieri la sua candidatura alla segreteria lombarda, ma fuori l’auditorium del Pirellone molti scommettono su un suo possibile passo indietro per lasciare spazio a Romeo. Pur non essendo un salviniano convinto, non rappresenta certo una minaccia per il Capitano, al massimo può dare un’apparenza di unità al partito.
La situazione è decisamente peggiore in Veneto: le ambizioni di Fdi sono note da tempo. Gli ultimi insuccessi elettorali e il diniego dei meloniani a qualsiasi apertura riguardo un terzo mandato non aiuta di certo Salvini. Il leader leghista è tornato alla carica e assicura che il prossimo candidato in Veneto, se non sarà Zaia, sarà comunque un leghista. Ma la certezza è ben lontana.
Intanto cerca di rimandare il confronto, proponendo di posticipare il voto alla primavera del 2026. Chissà se ci riuscirà. In caso contrario, rischiando di arrivare al congresso federale con un’autonomia compromessa, un Veneto in mano ai meloniani e un’azione di governo praticamente insignificante, dove il Carroccio non ha voce in capitolo. Certamente, non è la condizione migliore per chiedere la riconferma alla guida della Lega.
Foto pagina Matteo Salvini