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Si è conclusa l’operazione antibracconaggio dei Carabinieri Forestali denominata “Pettirosso”, coordinata dal Reparto Operativo – SOARDA (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno agli Animali) del Raggruppamento Carabinieri CITES in sinergia con i Gruppi Carabinieri Forestali di Brescia, Bergamo, Mantova, Vicenza, Verona e Padova e il supporto di un’unità cinofila addestrata alla ricerca di armi, munizioni, strumenti di cattura, richiami acustici, fauna selvatica.
Le Prealpi lombardo-venete costituiscono lo scenario dell’ancestrale passo migratorio dei piccoli passeriformi, che si spostano dalle aree di nidificazione dell’Europa settentrionale verso quelle di “svernamento” del bacino del Mediterraneo e del continente africano; una concentrazione imponente di uccelli che costituisce un’inestimabile ricchezza in termini di biodiversità. Stremati dalle lunghe distanze percorse sono particolarmente vulnerabili, in particolare sui valichi montani che costituiscono un “collo di bottiglia” per la migrazione, diventando oggetto di intenso bracconaggio, con gravi ripercussioni sui sistemi ecologici.
Il bracconaggio in queste zone nasce da antiche tradizioni legate ai periodi carestie, guerre e situazioni di estrema povertà, ma ancora oggi è molto diffuso. L’avifauna è molto ricercata dai ristoranti locali perché ingrediente indispensabile per piatti tipici come la famosa “polenta e osei” e “lo spiedo”. È frequente anche il consumo casalingo. La seconda ragione è sia commerciale che amatoriale: si ha immissione sul mercato di esemplari catturati in natura ed inanellati abusivamente con modalità spesso cruente per essere poi destinati principalmente all’uso come richiami vivi, ma talvolta anche a voliere con finalità riproduttive od ornamentali.
Per tali motivi i Carabinieri Forestali continuano a vigilare e garantire la tutela delle specie di avifauna che dipingono il nostro cielo con la loro variopinta livrea con il fine ultimo di salvaguardare il patrimonio ambientale che tutti abbiamo il dovere di conservare.
E’stato effettuato un capillare controllo del territorio nelle provincie lombardo venete interessate. L’attività operativa svolta ha portato alla denuncia di 123 persone per reati perpetrati contro l’avifauna selvatica, n. 2 arresti per detenzione di arma clandestina e sostanze stupefacenti e al sequestro di 3564 uccelli, di cui 1433 esemplari vivi e 2131 esemplari morti, tra cui numerose specie non cacciabili e specie particolarmente protette, tutti catturati o abbattuti in modo illecito. Sono stati, inoltre, sequestrati 1338 dispositivi di cattura illegale, 75 fucili e 4055 munizioni.
I reati principali accertati sono: furto aggravato di fauna selvatica (bene indisponibile dello Stato), ricettazione, contraffazione di pubblici sigilli, uso abusivo di sigilli destinati a pubblica autenticazione, maltrattamento e uccisione di animali, detenzione non consentita di specie protette e particolarmente protette, uccellagione, esercizio della caccia con mezzi vietati, porto abusivo di armi e munizioni, detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Tra gli strumenti illegali utilizzati dai bracconieri troviamo i richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, le reti da uccellagione, le gabbie-trappola o, nei casi peggiori, archetti e trappole metalliche in grado di imprimere gravi sofferenze alla fauna lasciata viva e agonizzante per ore. Il sequestro di 1338 di tali “trappole di morte” evidenzia la gravità del fenomeno in quanto il prelievo massivo e non selettivo implica un’alterazione delle relazioni esistenti tra le specie viventi e i loro habitat causata dall’attività antropica illecita, rappresentando un pericolo per l’equilibrio dell’ecosistema e il conseguente danno al patrimonio ambientale.
Di rilievo non solo il numero assoluto delle munizioni sequestrate, 4055, ma anche l’entità della singola detenzione: un soggetto ne deteneva ben 2886 numero significativamente alto ben oltre il consentito dalla normativa vigente e spesso lasciate incustodite.
Nel corso dei servizi sono stati effettuati diversi interventi. In particolare in provincia di Brescia è stato tratto in arresto in flagranza di reato un soggetto detentore di n. 1 arma clandestina con matricola abrasa. In particolare, il soggetto veniva sorpreso mentre catturava e contestualmente uccideva, per il tramite trappole tipo “sep”, esemplari di avifauna. Nella circostanza della flagranza di reato, a seguito di perquisizione domiciliare e locale, si rinveniva detta arma clandestina e per tale motivo veniva tratto in arresto. L’attività, inoltre, ha permesso di accertare la detenzione illegale di nr. 136 richiami vivi di avifauna, tra cui anche appartenenti alle specie particolarmente protette. Allo stesso venivano sequestrate, al fine di evitare la commissione di altri reati, 141 trappole da cattura, 10 reti da uccellaggione e 3 rami con vischio, nonché un fucile e 934 munizioni. Sempre in provincia di Brescia è stato tratto in arresto in flagranza di reato un soggetto trovato in possesso di elevate quantità di sostanze stupefacenti. Nell’ambito di un controllo venatorio, risultato non conforme in quanto il soggetto utilizzava nr. 22 richiami vivi identificati da anelli contraffatti, i militari operanti, nella circostanza della perquisizione domiciliare espletata di iniziativa in flagranza di reato, accertavano che lo stesso deteneva ingenti quantitativi di Canapa e Hashish.
I molteplici controlli hanno evidenziato come le “Prealpi Lombardo-Venete” continuino ad essere un’area fortemente interessata dal fenomeno del bracconaggio, confermandosi il più impegnativo tra i black-spot individuati dal “Piano d’Azione Nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici”, nonostante il virtuosismo di numerosi cacciatori rispettosi delle normative vigenti.
I Carabinieri Forestali hanno operato con il fattivo contributo dei volontari del CABS, LIPU, Legambiente, WWF, LAC, NOGEZ e Fare Ambiente, dei cittadini e dei cacciatori.
Gli esemplari sequestrati sono stati affidati ai centri di recupero animali selvatici (CRAS) “Il Pettirosso” di Modena e “l’ Oasi WWF Valpredina” di Bergamo per il successivo rilascio in natura non appena le condizioni fisiologiche degli stessi lo consentiranno.
Il rinnovato impegno da parte delle istituzioni, della società civile e di tutti coloro che a vario titolo si impegnano per la tutela ambientale fa sperare “di ristabilire un equilibrio eco-sostenibile altrimenti compromesso”.