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L’ editoriale del direttore
Il 23 maggio 1992, l’Italia tremò. Giovanni Falcone, simbolo della lotta alla mafia, veniva barbaramente assassinato. Subito dopo il 19 luglio 1992 fu il turno del giudice Borsellino. Ma cosa si celava dietro questi efferati delitti? Forse la verità è più scomoda di quanto possiamo immaginare.
Due settimane dopo dell’attentato, un incontro sul panfilo Britannia segnava il destino economico del nostro paese. Mario Monti, futuro premier, partecipava a una riunione che avrebbe gettato le basi per la svendita del patrimonio italiano. Coincidenza? O forse qualcuno voleva eliminare chi poteva ostacolare questo piano? O si voleva creare soltanto uno stato di shock Economy? Vale a dire destabilizzare il popolo per agire senza controllo.
Mentre il sangue di Falcone macchiava ancora l’asfalto di Capaci, i potenti tramavano nell’ombra. Le privatizzazioni selvagge, le svendite a prezzi stracciati, lo smantellamento dell’industria nazionale: tutto iniziava lì, su quella nave. Era il 2 giugno 1992. Erano presenti tutti: il presidente di Bankitalia Ciampi e l’onnipresente Beniamino Andreatta, i due artefici del “divorzio” tra Bankitalia e Tesoro all’inizio degli anni ‘ 80, c’erano i vertici di Eni, Iri, Comit, Ina, le aziende di Stato e le partecipate al gran completo.
Alla riunione parteciparono, oltre ad alcuni banchieri del Regno Unito, anche un gruppo di manager ed economisti italiani: Herman van der Wyck, presidente Banca Warburg; Lorenzo Pallesi, presidente INA Assitalia; Jeremy Seddon, direttore esecutivo Barclays de Zoete Wedd; Innocenzo Cipolletta, direttore generale di Confindustria, Giovanni Bazoli, presidente Banca Antonveneta; Gabriele Cagliari, presidente Eni, Luigi Spaventa.
Bisognava vendere o svendere perché lo imponeva l’Europa. Così raccontavano dovevamo evitare la recessione. Oggi, a distanza di anni, paghiamo ancora il prezzo di quelle scelte. Disoccupazione, deindustrializzazione, perdita di sovranità economica. Il sogno italiano si è infranto sugli scogli dell’avidità e del tradimento.
Mentre ci hanno fatto credere che la mafia fosse l’unico nemico, forse i veri mandanti sedevano in consigli d’amministrazione e ministeri. La morte di Falcone e Borsellino potrebbe essere stata solo la punta dell’iceberg di un piano ben più vasto e terrificante.
Quanto ancora dovremo sopportare prima di aprire gli occhi? La verità è lì, davanti a noi, scritta col sangue dei martiri e con l’inchiostro dei contratti che hanno svenduto la nostra nazione. È ora di chiedere conto, di pretendere giustizia, di riprenderci ciò che ci è stato sottratto. Veltroni in un video cita delle entità che manipolano i governi ad affermarlo non è solo un giornalista nei suoi articoli ma anche un politico e ciò dovrebbe essere un campanello d’allarme. Se davvero esistono queste entità manipolatrici, la nostra democrazia è in pericolo.