- Cassino scandalo corruzione: Quel “si sapeva” rende fragile la società - 15 Gennaio 2025; 10:29
- BONAFONI (PD), SANARE INGIUSTIZIA TAGLIO FONDI NON AUTOSUFFICIENZA - 15 Gennaio 2025; 09:08
- Cassino non poteva essere da meno rispetto a Ceccano, occorre avere il primato: ci pensa Luna Viola - 14 Gennaio 2025; 19:00
La recente bagarre che ha coinvolto un dirigente dell’Università di Cassino e una coppia di professori, entrambi membri della commissione per il concorso TFA e legati da vincoli di parentela a quest ‘ultimo, ha sollevato un polverone che va ben oltre i confini del semplice scandalo. L’eco di quel doloroso “si sapeva…” risuona nelle strade e nei caffè della città, come un mantra sconfortante che ci costringe a riflettere su una realtà inquietante: l’emergere dell’omertà tra coloro che avrebbero dovuto denunciare.
Che cosa significa sapere e restare in silenzio? Questa domanda, apparentemente semplice, si rivela complessa e sfumata. La fragilità della società è alimentata da questa complicità tacita, dove la conoscenza di atti ignobili diventa un fardello collettivo. Quanti ragazzi e ragazze, con l’impegno e il sudore, hanno affrontato lo studio per prepararsi a un concorso truccato? Come possono convivere la loro dedizione e il tradimento delle istituzioni? La risposta sembra essere nascosta nel profondo delle coscienze di chi ha scelto il silenzio invece della denuncia.
La figura del rettore, poi, appare come un simbolo di una gestione della cosa pubblica che, per troppi anni, ha fatto spallucce davanti a legami familiari e conflitti d’interesse. È possibile che nessuno avesse sollevato un dubbio su tre persone legate da vincoli di parentela che gestivano un concorso? È difficile credere che in un contesto accademico si possa ignorare un simile intreccio, eppure sembra essere accaduto. Il reticolo di connivenze è talmente adatto che gli interrogativi si moltiplicano e le risposte sembrano svanire nel nulla.
Mentre la magistratura si appresta a fare il suo corso, emerge un’altra considerazione: questa è l’unica volta in cui la “cupola” ha agito in questo modo? La storia dei concorsi universitari è costellata di ombre, ma il timore è che questa vicenda non sia isolata, bensì sintomatica di un malessere più profondo e radicato. “Si sapeva” non è solo un’ammissione di colpevolezza, ma un grido di allerta. Un appello a rompere il silenzio ea mettere in luce pratiche che minano la fiducia nella nostra società.
In conclusione, Cassino si trova oggi di fronte a uno specchio incrinato: riflette un’immagine di fragilità e omertà che deve essere affrontata. La nostra comunità ha bisogno di risposte, ma soprattutto di cambiamento. È giunto il momento di fare chiarezza e di costruire un futuro in cui il “si sapeva” diventi solo un brutto ricordo. La nostra società merita di essere fondata su principi di trasparenza e giustizia, affinché non si ripetano più errori così gravi.