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La fuorviante versione resa alla stampa dal legale rappresentante dell’azienda agricola “Albaneta tenuta agricola di Montecassino” riguardo alla sentenza del Tar, che ha respinto il ricorso da lui presentato contro il provvedimento del Comune di sospensione dell’autorizzazione del Pua (piano di utilizzazione aziendale), dichiarato, inoltre, “in parte irricevibile ed in parte improcedibile”, per il rispetto della verità e di quanto deciso dalla Giustizia amministrativa, obbliga, purtroppo, l’amministrazione comunale a ritornare sull’argomento per precisare quanto segue:
1) Non risponde al vero che il TAR ha “chiuso la causa definita per carenza di interesse delle parti” e che non ci sarebbero né vincitori né vinti. In realtà non è stata mai dichiarata dalle parti né dal Giudice una carenza di interesse. Anzi, il TAR è entrato nel merito delle questioni poste e, non solo ha riconosciuto la legittimità della sospensione impugnata dal ricorrente, ma ha pure ritenuto tardive e infondate le domande risarcitorie avanzate dall’amministratore Miri nei confronti del Comune di Cassino; pertanto Egli è risultato integralmente soccombente in giudizio e l’Amministrazione pienamente vittoriosa.
2) Il Comune di Cassino non ha mai “revocato” il PUA né il PUA stesso è stato “riconcesso”; invero il Comune di Cassino dapprima in data 20.12.2023 ha sospeso il PUA al fine di accertare la legittimità urbanistica degli immobili ove viene esercitata l’attività (Miri è insorto contro questo provvedimento chiedendo oltre € 350.000 di danni) e poi in data 4.6.2024, non riuscendo a eseguire gli accertamenti sui fabbricati per l’indisponibilità del signor Miri, ha cautelativamente revocato il provvedimento di sospensione ripristinando l’efficacia del PUA ma facendo salvo l’esercizio dei poteri di controllo avviati e non conclusi;
3) Non è vero che il ricorrente dopo la revoca della sospensione si è disinteressato del giudizio. Tutt’altro: in vista dell’udienza di discussione ha insistito perché fosse accertata l’illegittimità dei provvedimenti emessi allo scopo di ottenere il cospicuo risarcimento richiesto. Infatti fino a pochi giorni prima dell’udienza dell’11.2.2025 ha prodotto documenti e memorie a sostegno delle sue (infondate) pretese; altro che disinteresse: vi è stata una strenua e assolutamente interessata difesa nella vana speranza di ottenere un risarcimento a carico del Comune!
4) Da ultimo va ricordato che un’attività commerciale (o agricola) può essere autorizzata ed esercitata in un determinato immobile soltanto a condizione che l’immobile ove l’attività viene svolta sia legittimo dal punto di vista urbanistico-edilizio; se così non è, l’autorizzazione viene meno. Nel caso di specie il Comune sta accertando proprio questo: se gli immobili ove viene svolta l’attività siano legittimi o meno dal punto di vista urbanistico-edilizio. Se così non fosse, l’attività stessa non potrebbe e non dovrebbe essere autorizzata ed esercitata; i primi accertamenti compiuti hanno confermato i sospetti iniziali, essendo state riscontate diverse difformità tra l’assentito e il realizzato;
5) Il tutto senza considerare che nella zona in questione (dall’altissimo valore ambientale, paesaggistico e storico culturale) non potrebbe in alcun modo essere svolta un’attività di ristorazione. Cosa possibile, in via eccezionale, soltanto ove l’attività di ristorazione sia collegata a quella agricola effettivamente svolta. L’attività di ristorazione presso località Albaneta, a tutt’oggi, non è stata autorizzata dall’Ufficio SUAP-Commercio del Comune di Cassino”.
Normale che in tale quadro il Comune ha l’obbligo di vigilare attentamente sul rispetto della normativa di settore per evitare che l’attività agricola sia soltanto strumentalmente richiamata per giustificare l’esercizio di un’attività commerciale non altrimenti autorizzabile. Così il un comunicato stampa l’amministrazione comunale fa chiarezza sull’argomento.