25 anni dall’omicidio di Massimo D’Antona: una ferita ancora aperta

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Domenico Panetta
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L’editoriale del direttore

20 maggio 1999 – 20 maggio 2024: 25 anni dall’efferato assassinio di Massimo D’Antona, docente universitario e giuslavorista, ad opera delle Nuove Brigate Rosse. Un attentato vile e brutale che ha scosso l’Italia intera, un attacco alla democrazia e al libero pensiero che ancora oggi brucia come una ferita aperta nella memoria collettiva.

D’Antona, impegnato nella riforma del mercato del lavoro, rappresentava per le Brigate Rosse il simbolo di un sistema da abbattere. Il suo assassinio, avvenuto sotto casa sua a Roma, non fu solo un atto di terrorismo, ma un tentativo di silenziare una voce critica e propositiva.

In questi 25 anni, lo Stato ha lavorato per assicurare alla giustizia i colpevoli e fare luce sul crimine. Ma la battaglia per la memoria di D’Antona e per affermare i valori in cui credeva è ancora in corso. Il suo esempio di studioso impegnato e cittadino esemplare continua a ispirare le nuove generazioni, spingendole a lottare per una società più giusta e solidale.

Ricordare Massimo D’Antona significa non solo onorare la sua memoria, ma anche riaffermare con forza i principi di libertà, democrazia e legalità che sono alla base della nostra Repubblica. Significa impegnarsi per costruire un futuro in cui la violenza e l’intolleranza non abbiano spazio, in cui il confronto e il dialogo siano gli strumenti per risolvere le divergenze.

L’eredità di D’Antona è viva nel lavoro di quanti, ogni giorno, si battono per la giustizia sociale, per i diritti dei lavoratori e per un futuro migliore. La sua voce continua a risuonare come un monito a non cedere mai di fronte alle ingiustizie e a lottare per un mondo più libero e solidale.

In questo 25esimo anniversario del suo tragico assassinio, rinnoviamo il nostro impegno a custodire la sua memoria e a far sì che il suo sacrificio non sia stato vano.

Massimo D’Antona vive!