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Di Francesco Paolo Tondo (direttore adfnews.it)
C’è una larga fetta di napoletani che dietro un comprensibile orgoglio e fierezza crede di essere il popolo al mondo più scaltro e sveglio, il più simpatico e geniale e magari qualcuno glielo lascia credere perché ha capito che ai napoletani basta fare i complimenti giusti, sulla città, sulla napoletanità, sulle tradizioni culinarie e li si è completamente sedotti. A Napoli quando è così si dice, “l’e fatt fess e cuntent”! Ed è quasi sempre così che la storia racconta il napoletano tipico, suddito per natura, al netto di qualche indigena eccellenza illuminata o del Masaniello di ogni epoca che però fa solo casino e mai nulla rivoluzionario. Nel calcio questa propensione alla sudditanza verso chi governa la loro squadra la si dimostra ogni volta, soprattutto verso quei presidenti dalla leadership autoritaria ma un po’ cialtrona in cui ci si riconosce, perché è esattamente così che il napoletano medio piccolo vuol essere rappresentato. De Laurentiis è il riferimento ideale a rappresentare questa filosofia di vita di chi fa suo il motto ”accà nisciun è fess” e con la scusa di difendere la napoletanità verso il mondo esterno, facendo immaginare ai napoletani che finalmente è arrivato l’uomo forte che li difende, uno come De Laurentiis può permettersi di tutto, anche la più subdola nefandezza, che la narrazione di quelli che gli fanno propaganda la fanno passare come la più orgogliosa e fiera dimostrazione di appartenenza e tutti ai suoi piedi, tollerando come bonarie anche le odiose asperità del suo carattere arrogante; anzi facendole sembrare addirittura da ammirare.
Purtroppo il popolo napoletano è così, basta una faccia tosta, uno che sbatte un po’ i piedi a terra e tutti docili come agnelli, anzi come pecore, a sopportare tutto solo per qualche piccola gioia che gli viene concessa ogni mezzo secolo, seguita da una montagna di feste di cui campare di rendita per altrettanti mezzi secoli. Purtroppo questa fragilità e questa sensibilità spiccata verso la napoletanità, da pregio, diventa un difetto, una debolezza che viene sfruttata da altri che vengono da fuori, per poter meglio gestire e curare i propri interessi. Il calcio è un esempio formidabile, per chiarire il concetto. In questi anni di gestione De Laurentiis, è sempre capitato nei rapporti del presidente con i suoi massimi protagonisti fra tecnici e calciatori che nel momento clou il rapporto finisce per deteriorarsi, ma non tanto perché questi protagonisti non abbiano fatto bene, tutt’altro, ma perché avendo fatto anche fin troppo bene, diventano loro le prime donne e da tali chiaramente il loro valore economico aumenta al punto che invece di tenerli, si preferisce darli via guadagnandoci il triplo se non il quintuplo, ed al contempo sbarazzandosi della loro sempre più crescente popolarità a scapito della propria. E allora in questo caso per uno come De Laurentiis come venirne fuori cercando di coniugare il massimo guadagno dalla cessione di un idolo dei tifosi e non essere contestato? Semplice, distruggere preventivamente il mito nell’immaginario collettivo con strategie volte a dipingere il tecnico od il calciatore come un traditore della napoletanità che De Laurentiis usa come leva emotiva per ingraziarsi i napoletani; per poi finire il lavoro raccontando ai napoletani che questi idoli non meritano il loro amore perché preferiscono i soldi. All’’occorrenza a De Laurentiis denigrare i propri tesserati riesce facile per più motivi: il primo è che lui può dire tutto di loro liberamente e impunemente e possedendo i diritti d’immagine di tutti i suoi tesserati, fa in modo che loro non possano replicare a nessuna provocazione se non autorizzati, poi avendo a disposizione una nutrita schiera di giornalisti a favore, completa tutta l’operazione distruzione dell’idolo di turno con un linciaggio mediatico costante fino al giorno che sarà ceduto avendo ormai fatto maturare l’idea nei tifosi che si trattavano solo ed esclusivamente di traditori mercenari. Questa è più o meno la stessa strategia adottata negli anni per far fuori i migliori protagonisti che sono arrivati al Napoli, dopo averli sfruttati per ottenere il massimo dal punto di vista economico grazie alle loro prestazioni, al picco di popolarità raggiunta ed alla cessione a plusvalenza, quando anche solo per risparmiare un contratto ritenuto troppo oneroso o che non ci si può permettere. Tutto questo facendo maturare nella testa dei tifosi che certi mercenari meglio perderli che trovarli, ed è così che i tifosi vi abboccano sempre e lui continuerà a perpetuare i suoi progetti di guadagno. È successo con Lavezzi e Cavani, con Higuain e tanti altri anche fra i grandi tecnici e vedrete, succederà anche con Osimhen e Kvara. È paradossale che con tutti loro non c’è un solo protagonista che sia andato via senza essere prima linciato mediaticamente. È veramente squallido non poter amare e ringraziare un vecchio idolo della storia azzurra che tanto ha dato. Questo succede solo a NAPOLI, da quando gestisce De Laurentiis.
A scagionare parzialmente l’atteggiamento del capo di Filmauro c’e’ lo strapotere della grande finanza che determina i costi gestionale del calcio di alto calibro. Per di conseguenza rintuzzare tale egemonia economica edificando squadre vincenti localmente e globalmente quali il Napoli, ognuno adopera i suoi metodi teleologici al massimo degli incassi ed al massimo dei risparmi. De Laurentis e’ l’unico proprietario italiano derivante dalla piccola-media impresa, di un top club calcistico apprezzato unanimemente per il bel gioco e vincitore dello scudetto 2023 in quello che era il piu’ facoltoso e bello, campionato esistente.