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Di Prof. Mario Costa
Capita pure a scuola, non bisogna aver fatto esperienza diretta per saperlo: in una classe, pure di buoni alunni, diligenti e desiderosi di apprendere, basta la presenza di due o tre elementi particolarmente indisciplinati, inclini più a fare casino che allo studio, per impedire il buon andamento complessivo dell’attività educativo-didattica. L’errore più grosso del docente sarebbe quello di pazientare più del dovuto prima di mettere mano agli “strumenti” idonei a far capire come, invece, ci si deve comportare. Il tutto a tutela del diritto dei compagni (e naturalmente anche del diritto dei due o tre discoli) all’apprendimento e alla formazione in vista di un futuro che sia il migliore possibile, per ciascuno: per i bravi e per i meno bravi.
Fatte le necessarie differenziazioni, il consiglio comunale di Cassino non è molto dissimile dalla classe scolastica di cui sopra. Non se ne ravvisava la necessità, ma la riunione ultima di venerdì scorso ne è stata la riprova: la imbarazzante bagarre che si è scatenata (non era la prima, peraltro) non consente di pazientare ancora nella speranza che quei “due o tre” si rendano conto che fanno parte di una istituzione che va rispettata; e si rendano pure conto che il rispetto consiste nell’osservanza delle regole che disciplinano i lavori consiliari; oltre quelle del vivere civile, naturalmente.
Che in quell’aula “Di Biasio” sia giunta l’ora del suono della campanella che ponga fine alla “ricreazione”, lo hanno capito pure le sue mura. Indugiare ancora nell’attesa che prevalga il buon senso, equivale a prolungare un andazzo (ci si passi il termine) che va stoppato, a tutela della dignità dell’Istituzione e, ovviamente, anche di quella di ciascun componente della stessa assise cittadina. Gli inviti dai modi gentili e cortesi della signorile presidente sono risultati inefficaci sinora. Si ponga dunque mano al regolamento in maniera rigorosa. E’ cosa non più eludibile in presenza di convincimenti sbagliati di taluni, teorizzati pure con apparente convinzione, senza imbarazzo. Quale, ad esempio, che nella gestione del tempo assegnato per l’intervento, si abbia il diritto di parlare di ciò che pare e piace. Non dunque il dovere di attenersi all’argomento e, con spirito di servizio, concentrarsi seriamente per la soluzione migliore del problema in discussione. A costui (e a qualche altro che la pensa allo stesso modo) va quindi ricordato “ che ogni intervento deve riguardare unicamente (dicasi unicamente ndr) la proposta in discussione. In caso contrario il Presidente richiama all’ordine il consigliere e, ove lo stesso persista nel divagare, gli inibisce di continuare a parlare” (art. 51, comma 6).
Ed è cosa non più eludibile perché si è in presenza di chi pensa che il consiglio comunale sia lo strumento da usare come tribuna e cassa di risonanza per spicciola propaganda politica. Costui va dunque aiutato a che capisca trattarsi di cosa sbagliata. Ciò spiega anche perché, con premeditazione, c’è chi, come il consigliere Franco Evangelista, si presenta con uno scritto, chiede la parola e, mentre è in discussione un debito fuori bilancio, parla, anzi legge tutt’altro, dispensando, in perfetto stile comiziesco, gravi e provocatorie allusioni a colleghi della maggioranza.
Si può continuare a disattendere anche l’articolo 50 del regolamento ? Afferisce al “Comportamento dei consiglieri”, i quali hanno diversi diritti, ma anche il dovere di “contenere i propri interventi – è scritto – “entro i limiti dell’educazione, della prudenza e del civile rispetto”.
Diritti certamente, ma anche doveri dunque. In aula “Di Biasio”, però, è giunto il momento di porre fine alla “ricreazione”.