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Di Mario Costa
E’ sicuramente anche l’affetto a far velo e ad ingigantire la gravità della perdita. Ma quando sono certe persone ad andarsene ci si accorge che il vuoto che hanno lasciato è molto più ampio del posto che occupavano. Anche se si è trattato di un posto importante, di primo piano, da indiscussi, rispettati ed amati protagonisti.
Lo scorso anno, il 20 gennaio del 2024, moriva Fausto Pellecchia. La notizia della sua morte, con la velocità delle cattive notizie, quelle che, pur messe nel conto, si temono ma si spera non arrivino mai, mi raggiunse in tempo reale a Roma dove quel giorno mi trovavo per un appuntamento familiare che doveva esser lieto. Ricordo e rivivo come fosse ora la tristezza di quel momento: la vita segnava il distacco amaro da una sincera amicizia diventata sempre più forte nel corso degli anni, della quale mi son sentito onorato; la comunità cassinate e universitaria perdeva una persona illuminata, di cultura vastissima, di grande prestigio. Figlio eccellente, aveva saputo raccogliere ed esaltare sul piano professionale ed umano la preziosa eredità culturale del padre Gioacchino, alla cui memoria è intitolato il liceo scientifico cittadino, il “Gioacchino Pellecchia” appunto. Così come il padre, Fausto, aveva messo a disposizione la sua sterminata conoscenza non solo degli studenti di filosofia all’università, ma dell’intera città. E, aggiungo, di chiunque a lui si rivolgesse. Era l’organizzatore di convegni, di presentazioni di libri, di dibattiti su temi tra i più svariati. Insomma era l’instancabile animatore della vita culturale cittadina che ora perdeva il suo punto di riferimento certo.
La vocazione allo studio, serio e continuo, non lo distoglieva affatto dall’impegno sociale e politico, cui ha dedicato, con passione e disinteresse, buona parte delle sue energie intellettuali. Ha sempre militato coerentemente nella sinistra ma lo ha fatto con indipendenza di giudizio e con l’autorevole spirito critico quando non condivideva certe scelte del partito di appartenenza, il Pd. Era un uomo libero Fausto, sapeva stare nel “recinto” rispettandone le regole, ma senza mai rinunciare al libero spirito critico e a dire le cose che andavano dette anche se non gradite agli “alti gradi”.
L’aspetto esteriore di Fausto non sempre lasciava trasparire l’intensità della sua passione politica e civile. L’eleganza dei modi, la capacità di parlare con assoluta proprietà di linguaggio senza mai perdere il filo del discorso ne esaltavano la signorilità dell’uomo di cultura. Ma poteva mostrarsi, senza mai scomporsi troppo, anche assai fermo e determinato quando riteneva che valori fondamentali fossero in gioco.
Fausto credeva nella politica. Nell’ultimo tempo fu il promotore convinto di una scuola di formazione politica nel circolo cittadino. “Non ci può essere politica senza cultura politica” ci si diceva spesso, nella convinzione della necessità di stimolare e di far crescere una coscienza politica attraverso la conoscenza, il confronto, la riflessione collettiva. Forse un po’ un’illusione, la sua, in tempi in cui la politica si è andata sempre più connotando per calcoli opportunistici, per trasformismo quando non anche per la disonestà. Quando la politica sembra a molti che debba essere per forza lontana da ogni tensione ideale e morale, ridotta talora a soli mercanteggiamenti. Ma Fausto era uno determinato a non rassegnarsi e coerente nella realizzazione di ciò in cui credeva. Coerente sempre, sino alla fine. Era un convinto e fiero sostenitore del sindaco Salera e della sua amministrazione. Ci si preparava alla battaglia della primavera sulla quale erano già proiettate l’attenzione e l’attesa nostre. La morte purtroppo non gli ha consentito di partecipare alla battaglia per la riconferma del sindaco di Cassino sancita al primo turno nel giugno scorso e di condividerne insieme la gioia della vittoria, ottenuta grazie alle cose fatte per questa città, alla fiducia della gente conquistata sul campo.
Sai, Fausto, spesso si parla di te con gli amici di sempre, e nei discorsi si richiamano i tanti nostri ricordi belli, anche se accrescono il rimpianto per ciò che è stato ed ora non è più. Anche a nome loro ti dico grazie per la lezione di vita e per tutto ciò che hai dato a noi, che ti abbiamo voluto bene, alla nostra città, alla comunità universitaria, a quell’Ateneo che hai onorato, cui tanto hai dato e che tanto avrebbe bisogno, oggi, di valorizzare persone illuminate (e oneste) come lo eri tu.
Di Mario Costa